Ha segnato la Juventus

“Ha segnato la Juventus”
Lo sta ripetendo Francesco Repice ai microfoni radio di #Tutto Il Calcio – Minuto per minuto.
Eppure, se chiudo gli occhi, lo sento gridare dagli altoparlanti dello Stadio delle Alpi e poi del Comunale, fino a raggiungere anche lo Stadium.
Li vedo tutti davanti a me.
C’è il gigante Charles, in cerca della posizione per il miglior colpo di testa.
Omar Sivori, che ondeggia sul pallone con i calzettoni bassi e senza i parastinchi.
Nedved e Zidane che danno lezioni di dribbling, Di Livio che scatta sulla fascia destra fiutando il cross perfetto.
Furino al centro, capitano generoso a cui non piace farsi chiamare bandiera.
Ai suoi lati Tacchinardi ed Andrea Pirlo, geometri, pronti ad inventare sponde, passaggi filtranti e lanci da quaranta metri.
Vedo Torricelli, ancora con i capelli scuri. Lui, il falegname che ha vinto la Coppa dei Campioni partendo dalle interregionali.
Sfilano poi Boniperti e Tardelli, nei cui occhi intravedo il gol segnato alla Germania nei Mondiali dell’82.
Quello laggiù invece è Del Piero, con un piede a forma di pennello, capace di dare il giro al pallone dipingendo traiettorie imprendibili per i portieri. Stringe tra le mani una maglietta, taglia S, che porta il suo nome: è quella che mi aveva regalato Zio Paolo per la Pasqua del ’97.
Barzagli, Bonucci e Chiellini, guardiani dell’area di rigore e professori della difesa.
Tra i pali c’è Buffon, con Tacconi e Dino Zoff alle sue spalle, angeli custodi pronti a suggerirgli l’angolo verso cui lanciarsi.
In sottofondo sento i fischi di Trapattoni arrivare dalla panchina e le parole di Lippi. Allegri, che corregge la posizione del centrocampo e Antonio Conte, che con l’ultimo filo di voce richiama tutti all’attacco.
È una festa, che unisce centoventiquattro anni di storia a strisce bianco-nere, generazioni di giocatori ed altrettante di tifosi.
È l’esultanza di un popolo che si alza dai mari della Sicilia e attraversa la spina dorsale degli Appennini fino ad arrivare qui, ai piedi delle montagne.
Ha segnato la Juventus, si.
“La Juventus è in vantaggio”.
 
Febbraio 2021

Conversazioni irrealizzabili: Re Vittorio Amedeo II – Siùr Felice

  • Venga avanti. Mi risulta che Lei sia stata l’ultima persona ad incontrare Pietro Micca. Iniziamo dal principio, come vi siete conosciuti?
  • Maestà, l’era piemuntéis cmè mi..
  • In italiano, faccia uno sforzo
  • Siùr Pietro era piemontese Maestà, come me. L’ho conosciuto nel 1703.
    Ci siamo arruolati insieme nella compagnia dei minatori dell’esercito sabaudo.
  • Gli informatori mi dicono che era piuttosto bravo, lo conferma?
  • Brava persona si, gran lavoratore. A Turìn lo chiamavamo Passpartout: avrebbe dovuto vedere Maestà, con che velocità scavava i cunicoli. La roccia aveva più paura del suo piccone che dei cannoni francesi.
  • Aveva una certa esperienza dunque
  • A l’amparà la profession da so pare, Siùr Giàcomo, da quand ca l’era un fanciot.
  • Non la comprendo
  • Era una persona comune, Maestà.
    Mica un grande condottiero, ma uno scalpellino, un semplice taglia pietre.
  • Vada avanti
  • Nel maggio del 1706 ci hanno mandato a difendere Turìn. In pochi giorni abbiamo visto La Feuillade circondare la Cittadella con 44000 uomini e artiglieria d’assedio. Bombarde da far tremare la terra Maestà.
  • E voi?
  • Pronti a resistere Maestà. I reparti erano in posizione ed una rete di 14km di gallerie di mina e contromina era stata scavata tutt’attorno. Posso giurare che noi eravamo pronti a darle la vita, Maestà.
  • Mi risparmi le sviolinate. Arriviamo alla notte fra il 29 e 30 agosto del 1706.
  • Come posso dimenticarla. Io e Siùr Pietro eravamo di guardia alla porta delle scale che collegavano la galleria “Capitale alta” alla “Capitale bassa”. Poco dopo la mezzanotte abbiamo sentito degli spari, le grida delle sentinelle ed i passi dei granatieri francesi che avanzavano verso di noi.
    La linea aveva ceduto Maestà, erano riusciti ad entrare.
  • Continui
  • Nella nicchia al di sotto della scala c’era un fornello con 20kg di polvere da sparo. Dovevamo solo collegarlo alla miccia.
  • Cos’è successo dopo?
  • L’innesco non è partito Maestá. L’umidità aveva bagnato la stoppa ed il tempo era così poco. Siùr Pietro mi ha detto: «Gâvte da lì, tì ‘t’ses pi lungh ëd na giurnà sènsa pân! Lassa fé a mì, pènsa a salvéte!»
  • Le ho chiesto di.. 
  • “Alzati, che sei più lungo di una giornata senza pane! Lascia fare a me, pensa a salvarti!”
  • Adesso capisco
  • Mentre correvo ho sentito il boato dell’esplosione. La scala è crollata e del povero Siùr Pietro non si è saputo più nulla.

————————
Lo trovarono nella galleria inferiore, sbalzato di 40 passi dal punto della deflagrazione.
Pietro Micca divenne l’eroe di quella battaglia e della città intera.
Alla vedova Maria Pasqual Bonino fu garantito un vitalizio di due pani al giorno. 

Torino, finalmente, sapeva a chi essere grata.


Febbraio 2021

Martedì grasso

Benvenuti a lor Signori,
che son qui senza preavviso.
Noi non siamo saltimbanchi,
ma maestri del sorriso.
Colorati sì e bizzarri, certo,
ma sgarbati proprio no,
e irriverenti men che meno.
Noi calchiamo un po’ i difetti
non i nostri, sia ben chiaro,
ma i vostri, brava gente,
e dei tizi che incontriamo.
 
Venite dunque, non temete,
prendete posto, avanti su, sedete.
Una sola richiesta sia palese:
sospendete i giudizi
ed abbandonate (per un momento) le pretese.

Siete qui per divertirvi
E di risa uscire curvi.
Se di noi vi fiderete,
per l’Italia viaggerete;
stando fermi s’intende, senza trucchi,
ma aprendo soltanto orecchi ed occhi.
 
Turin c’è siùr Gianduja,
un bonario polentone,
con tricorno e giacca marrone.
 
Milan l’è Meneghino
che può esser un mercante
o, all’occorrenza,
uno sciocco contadino.
 
Bèrghem vi è Brighella,
con Gioppino ed Arlecchino;
servitore pigro e scapestrato,
architetto di disguidi e truffe
che non danno mai alcun risultato.
Passeggia con una giubba fatta di ritagli
di pezza colorata, stralci dei costumi degli altri,
di rimasugli.
 
Ebbene,
è innamorato sapevate?
Ha un nodo intorno al cuore, a quanto pare;
e conoscete chi lo tiene all’altra cima?
 
Signorina maliziosa, furba e chiacchierina,
cameriera veneziana,
in poche parole, la bella Colombina.
 
Raccoglie moine e complimenti da ogni viandante,
ma attenzione alle audaci lusinghe di quel mercante;
proprio lui, l’avaro Pantalone.
Eh sì perché, capirete Signori, a Venezia c’è il pienone.
 
Proseguendo un po’ incontriamo un brontolone,
finto erudito, bolognese di nascita
dottor di professione. È Balanzone,
che mescola il dialetto alle favelle
come un qualsiasi comune cialtrone.
 
A Perugia c’è il Bertoccio,
A Roma, invece, il Rugantino.
Figlio del popolo, rozzo, ma genuino.
Se ne sta sdraiato tutto solo,
in compagnia solo del vino
Pensando alla sua bella e
cantando fino alle luci del mattino.

E arriviamo, finalmente, al golfo di Napoli, laggiù.
Sapete dirci bei Signori, quale sia l’artista conosciuto di più?
Ma è Pulcinella, Jamm jà.
Un birbante truffaldino,
vestito di bianco e con naso aquilino.

A dispetto di tutto è simpatico e affabile
ed è proprio questo che lo ha reso inossidabile.
È amato da tutti, dall’anziano al bambino.
Perciò lo abbiamo eletto il simbolo di questo nostro teatrino.
 
Adesso però basta, è tempo di iniziare.
Il carnevale non aspetta, dobbiam darci da fare.
Sbizzarritevi, soddisfate con l’allegria la vostra sete
siamo sicuri che qui con noi vi divertirete
e vi saremmo grati se alla fine, poi, ci applaudirete.
Non ora certo, ma quando la notte finirà,
quando l’ora di salutarci puntuale arriverà.
 
Noi viviamo per questo, sapete?
Siamo maschere, non ci deludete.
 

Gennaio, 2021

Se dovessi

Se dovessi scrivere una storia d’amore l’ambienterei in Boemia.
Adagerei sullo sfondo le acque tranquille della Moldova e lascerei che, a scandire il tempo, ci fossero i rintocchi del grande orologio che domina sulla città vecchia.

Racconterebbe di Franz ed Anežka, del primo ballo fatto sul palco sgangherato di una festa di quartiere. Sentiremmo le loro risate, seduti ai tavoli di una locanda di Praga, mangiando vero gulasch e bevendo la migliore Pilsner di tutta la città.
Labbra tese come archi
ed occhi a forma di fessure,
Li vedremmo innamorarsi con la velocità di uno sguardo
Così limpido da non riuscire a nascondere neppure la timidezza.

Li seguiremmo a passeggio sopra le pietre del Ponte Carlo,
tra l’incedere indiscreto di dame con l’ombrellino e gentiluomini con bastone e cappello.

Li accompagneremmo a casa, lasciandoli davanti all’uscio proprio nel momento dei saluti.

Quanto tempo è passato?
Meno di un giorno, risponderebbe l’orologio.
Loro, invece, direbbero che si è trattato di una vita intera.

Gennaio 2021

Lo scrutinio

31 Dicembre.
È giornata di scrutini all’istituto Comprensivo AnniVenti di Torino.
Intorno ad un grande tavolo di mogano si sono riuniti i docenti del corso D.
Si discute del più anziano della classe, Venti-venti, un curioso giovanotto che alterna sprazzi di creatività ad una pelandronaggine da manuale.

Ebbene – disse la Sig.ra Preside – cominciamo:

Storia voto 7 – Lascia il segno. Ha fatto di tutto per entrare nelle pagine dei libri, battendo al fotofinish la Peste del ‘300. Ha provocato la più grande emergenza sanitaria mondiale, una quarantena che non si vedeva dai tempi di Boccaccio, la caduta e l’inizio della rinascita.

Scienze Naturali 5 – Poteva fare di meglio. Slanci apprezzabili nei mesi primaverili, con la riduzione dell’indice di smog ed un bell’assist alle specie in estinzione, a cui però è seguito un drastico calo estivo ed autunnale. Poco ecologico, carente sulla raccolta differenziata.

Matematica 6 – Tirato. Se la cava con le basi di statistica ed i principi di contabilità. Discreto nel calcolo degli integrali, ma pessimo nella comprensione dei limiti.

Musica 6 – Propositivo. Inizialmente aveva un blocco verso questa disciplina ed ha provato in ogni modo a trascurarla. Con il trascorrere del tempo si è ripreso, inneggiando cori domestici e proponendo concerti in streaming o esibizioni sotto forma di stories.

Geografia 4 – Fobico. Non ama viaggiare, preferisce lo studio a tavolino allo spirito d’avventura ed ha un atteggiamento troppo pantofolaio. Ha fatto annullare la gita d’istruzione e condizionato le vacanze dei compagni.

Scienze sociali 4 – Misantropo. Rifugge il contatto umano, si scansa di continuo. Ha paura del diverso – dice.
Ma paura di cosa?! Buttati.

Italiano 7 – Creativo. Ha trasformato gli sguardi incorniciati dalle mascherine in parole e gli occhi della gente in canzoni.

– Signori, riassumendo, qui vedo due insufficienze gravi ed una lieve, possiamo scrivere il giudizio?

Il ragazzo ha delle potenzialità, ma non si applica. Deve maturare velocemente se non vuole restare indietro. Apprezzabili i tentativi di ripresa, ma serve più continuità.
Si consiglia un ripasso intenso, con particolare attenzione ai principi di coraggio e libertà, ed una maggiore partecipazione alla vita della classe.
Promosso (con riserva).

D’accordo – proseguì la Preside – direi che è il momento di passare al prossimo. Leggo qui: Venti-ventuno. Cominciamo.

Torino, 31 Dicembre 2020

Il Carnevale di Corso Racconigi

Il mercato è un carnevale.
Una baldoria di voci e profumi,
in cui, al posto dei carri, sfilano i banchi.
Una miriade di banchi squadrati,
fatti di assi e ferro,
che per l’occasione scelgono di travestirsi di colori.
Trasportano un carico di semi e verdure di ogni genere
Barattoli e prosciutti, pesce seccato e grandi forme di formaggio,
pronte ad essere tagliate per la prima volta.
È una grande festa, a cui partecipano perfetti sconosciuti.
La vita dei passanti si intreccia con quella dei venditori,
che aspettano pazienti,
richiamando l’attenzione con gesti di umorismo e stornelli improvvisati.
Ci sono avventori che camminano di fretta,
Anziane dame che avanzano trionfanti al braccio di cavalieri in pensione,
Mariti che si fanno largo spingendo una lista a forma di carrello
(stringono il telefono per un consulto dell’ultimo minuto
e sperano di non aver fatto confusione).
I bambini corrono, per loro è sempre un gioco,
mentre alcune coppiette ondeggiano tra i corridoi di cassette tenendosi per mano:
non vogliono nulla, sono venute solo per guardare.
 
“Madamìn, buongiorno, assaggi questi mandarini”
“Così non le avete mai viste, guardate che cime di rapa”
 
È una sarabanda di prezzi e quantità:
2kg di melanzane 1.5€,
5 Carciofi 2€, 10 Carciofi 3.5€
Pomodori pachino, cuore di bue, San Marzano
“Tutto ad 1€ al chilo, forza!”
Cavolo rosso e cavolo verza, broccoli,
Fave e arance di Sicilia,
Patate originarie del Sudamerica, ma che coltivano in Val di Susa.
 
Corso Racconigi è così,
il grande teatro di un carnevale a cielo aperto
dove si festeggia ogni giorno (sabato incluso).
 
Torino, Dicembre 2020

Traccia #2 – La leggenda del pianista sull’oceano

Un cenno della sua bacchetta pose fine al silenzio.
Per prime entrarono le arpe.
47 corde, pizzicate una ad una.
Poi lentamente si aggiunsero gli archi,
cui si sovrapposero i tromboni e le trombe.
Viole e violini scandivano il tempo
Ed archetti di legno ondeggiavano nell’aria disegnando una coreografia,
come se sapessero esattamente dove andare.
All’improvviso iniziò un ronzio,
simile ad uno sciame di api nei prati d’estate.
Era il suono dell’attesa,
Il tremore di chi aspetta che qualcosa di grande succeda.
Ed ecco, l’esplosione.
Lui aprì le braccia e si sollevò una voce di strumenti.
Corni inglesi, violoncelli, flauti, percussioni
si muovevano in armonia come dita di un’unica mano
dipingendo, con il suono, le immagini di un racconto.
Niente colori, solo note.
Una marea di note insieme,
legate l’una all’altra dai fili del pentagramma.
Incastonate, come gemme, nella partitura.
Era un’emozione,
che da sola investiva quella sala di occhi luccicanti
Era la musica.
Quella che esce dagli spartiti e arriva dritta al cuore.
 
Torino, Novembre 2020

Buon non-compleanno Herr Berliner Mauer

Era la sera del 9 novembre 1989.
Nel silenzio di una sala gremita, risuonarono le domande del corrispondente italiano Riccardo Ehrman, rivolte al funzionario tedesco Günter Shabowski:
– Vale anche per Berlino Ovest?
– Si, per tutte le frontiere.
– E da quando?
– Su questo foglio non c’è scritto, però sicuramente da questo momento.

Era iniziata la caduta del Muro di Berlino.
Una linea, che per quasi tre decadi aveva diviso innamorati e mondi, impedendo loro perfino di guardarsi.

Mi ha meravigliato leggere che, uno dei pochi diritti concessi in quel periodo, riguardava la possibilità di scrivere delle lettere.
La corrispondenza era controllata, ma non del tutto vietata.
Ed è così, che per 28 lunghi anni ci si è voluti bene attraverso un foglio di carta. Grazie a quella grafia, che “raccontava” tutto ciò che non si poteva dire, facendo intuire al destinatario il reale stato d’animo del mittente.

“Mio caro Christoph, 
[…]
so bene che in questo momento tu sei molto triste.
Ti abbraccio forte, ti bacio, ti accarezzo, appoggio la mia bocca sui tuoi occhi. Non essere triste, io tengo duro e sono convinta che il nostro amore sarà più forte di ciò che attualmente ci separa.
Per sempre tua, Dorothea.”

Dorothea aveva 19 anni e Christoph 21.
Non potevano immaginare che i loro nomi avrebbero attraversato il tempo, per arrivare sin qui.

Di loro resta questa storia, iniziata dalla fine,
Insieme a quei valori,
Quella fede,
Quel filo invisibile che ha continuato a tenerli uniti.
Un laccio, capace perfino di farli ritrovare.

Buon non-compleanno Herr Berliner Mauer

Torino, Novembre 2020

Lezione ad un’aula vuota e ad una classe piena

Buongiorno ragazzi,

Oggi niente spiegazioni.
No no, nessuna vacanza, non fraintendetemi.
Ci prendiamo semplicemente una piccola pausa da formule e schemi.
Loro possono aspettare.

Voi no.

Mi fa effetto vedere i banchi spogli e voi a casa, ciascuno davanti al proprio schermo, vestiti di tuta e pantofole, con a fianco la tazza del caffè-latte ancora caldo.

Si è pensato tanto all’effetto che questi mesi avranno sull’istruzione, sulla difficoltà di terminare i programmi a distanza, sui problemi logistici (..), ma per me andrebbe sottolineato ancor di piú l’aspetto umano che, in fondo, è il motivo per cui siamo qui.

La scuola è uno strumento di relazioni.
Un posto magico in cui nascono amicizie, si scoprono i primi amori e si sviluppa la passione per una materia che, con il tempo, qualcuno trasforma in una professione.

Non buttate questa occasione.
Non lasciate che questi mesi siano un corto circuito nella vostra vita, diventando spettatori del tempo.

Inventatetevi qualcosa.

Siate diversi dagli altri,

Commuovetevi per una carezza,

Respirate tutto quello che c’è intorno.

Accettatevi.

È nell’imperfezione che si nasconde la vera bellezza.

Coltivate un interesse, siate creativi, viaggiate stando fermi.

Accendete la curiosità.

Siate coraggiosi, ma non folli.

Indossate le ali di Icaro,
Avvicinatevi al Sole, ma cambiate il finale.

Siate la vostra rivoluzione.

Che questa classe sia una miccia.

Torino, Ottobre 2020

Viaggio in Italia – La Lombardia

Brescia ed io ci eravamo sempre visti, ma mai conosciuti.
Ci siamo incontrati per la prima volta in una mattina di luglio.
Mi ha accompagnato per le vie del centro, raccontandomi la storia di una terra di sorprese: di Tito Speri e del coraggio di chi, per X Giornate,
non si è piegato al giogo dei conquistatori.
Eroi, che con il loro impeto le sono valsi l’appellativo di Leonessa d’Italia.
 
Mi è stata simpatica a prima vista.
Da quel giorno sono tornato a trovarla più volte.
Ho percorso a piedi i vicoli e le piazze, ascoltandone il dialetto e scoprendone le arti:
Le luci, che a febbraio colorano le mura del castello.
La gastronomia, che ha nei Casoncelli e nello Spiedo le sue specialità.
Le macchine, che ad ottobre sfrecciano per le strade di una corsa storica.
Mille miglia di motori, di numeri, di generazioni di piloti che arrivano da tutto il mondo per aggiudicarsi una gara di regolarità.
Camminando tra i Fori e la Loggia si passeggia sopra i secoli.
Un viaggio lunghissimo, che mi ha portato fin giù,
dove oscuri canali sotterranei accolgono le acque fredde del Bova e del Celato
Amplificandone le voci e custodendone i segreti.
 
Uscendo appena dalla città il paesaggio cambia.
La pianura lascia il posto ad una distesa di colline,
interrotte di tanto in tanto da piccoli borghi medioevali,
Abbazie (come quella di Rodengo Saiano) e conventi,
testimonianze che parlano del passato di questa zona,
sosta obbligata per i pellegrini diretti a Roma.
 
C’è poi un posto, dove la terra è soffice come un materasso.
È adagiato tra i filari della Franciacorta e la sponda orientale del lago d’Iseo,
protetto dall’antico Monastero di San Pietro di Lamosa, che ne sorveglia l’ingresso.
Sono le Torbiere del Sebino.
 
Qui il tempo è scandito dal canto della rana, regina delle paludi
e guida fidata di chi vuole scoprire la biodiversità di questi luoghi.
 
Poco più in là c’è Iseo, con il suo lago.
L’ho navigato controvento fino a raggiungere Monte Isola,
uno spazio di terra circondato dal blu, dove le vetture sono oggetti immobili, parte dell’arredamento,
ed i maestri d’ascia costruiscono le loro barche come si faceva cinque secoli fa.
Ho provato l’esperienza di camminare nel silenzio, avvolto dal profumo delle ginestre, dei tigli, dei bucaneve e delle genziane.
Ascoltando le storie di vecchi pescatori e mangiandone i tesori su una tavola imbandita:
Carpe, Tinche ripiene e Lucci,
affumicati, marinati e accompagnati in ogni forma dalla polenta.
 
Più ad est, c’è il Garda.
Una costa frastagliata di paesi e terrazze, che sanno d’estate.
Salò, Desenzano, Gardone Riviera
Palcoscenico della fantasia di un Poeta pazzo e generoso,
che vive nella delicatezza dei suoi versi
e respira tra i resti di ciò che ha donato.
 
Una perla, Sirmione.
Conosciuta dalla notte dei tempi per la salubrità delle sue acque
Fu cantata da Catullo ed abitata dagli Scaligeri,
che qui costruirono torri e mura merlate.
Un castello,
che vanitoso si specchia tra i riflessi del Lago.
 
Scenografico sì, ma esile in confronto alle possenti mura veneziane di Bergamo,
che mi aspetta, più ad ovest, per farmi vedere l’eleganza dei suoi palazzi e delle chiese.
L’ho osservata guardandola attraverso i suoi archi ed affacciandomi alle sue balaustre.
Incrociando i miei passi con una serie di bizzarri abitanti: una moderna cleopatra color dell’oro ed un’anziana, estimatrice di thè e di cappelli, vestita di prati.
 
Proseguendo a sud si raggiungono le terre dei Signori di Mantova,
mecenati illuminati, i Gonzaga, che alla loro corte valorizzarono la creatività di artisti sconosciuti ed ospitarono pittori rimasti impressi nell’eternità dei loro dipinti.
 
Pochi chilometri le separano da Crema (la taciturna) e sua cugina Cremona,
patria del bollito e del violino,
le cui note echeggiano nei vicoli, inframezzate dal suono delle campane.
 
Ad Ovest la grande Milano, città della moda e della musica
del teatro, dove genti venute da ogni mondo sognano di esibirsi.
Qui Leonardo diede sfoggio del suo ingegno più puro
E gli architetti sfidarono la gravità,
costruendo le guglie di una cattedrale protesa verso il cielo.
 
C’è da perdersi tra le storie racchiuse in ogni palmo di questa regione.
Troppe per un foglio di carta.
Dimenticate quindi queste righe.
Partite, con uno zaino pieno di niente
Fermatevi ad ogni borgo, chiacchierate con gli sconosciuti,
mangiate nei posti che non hanno l’insegna.
Nascerà così il più bello di tutti i racconti.
Un viaggio.
 
Torino, Ottobre 2020
(Appunti di viaggio – Lombardia 2019-2020)

Don’t forget 1993

Mostar è bella anche quando piove.
Le gocce bagnano i ciottoli della città vecchia e scivolano giù, fino a riunirsi alle acque della Neretva.
La chiamano la città della rinascita.
Della ricostruzione,
Cominciata proprio dal suo simbolo,
Lo Stari Most.
Un ponte nella terra dei divisi,
che da cinque secoli assiste allo scorrere degli eventi e che, oggi, sorveglia i turisti curiosi che lo attraversano.
Al fondo, una scritta:

“Don’t forget 1993”

È una storia che non si dimentica, ma si trasforma.
Lo sanno bene i ragazzi di questa regione, che sono riusciti a disegnare sopra i segni della guerra.
Lo hanno fatto, colorando gli scheletri dei palazzi sventrati e giocando con le impronte dei colpi dei mortai per creare murales fantasiosi.
Colori e forme, modi diversi per raccontarsi e ricordare.

Torino, Ottobre 2020
(Appunti di viaggio – Bosnia Erzegovina, Febbraio 2020)

Comunque vada prendiamo un ghiacciolo

Le porte sono tra le bici verdi e quei vasi.
Il “fuori” non esiste, il campo finisce dove arriva la palla.
– Non sarà troppo grande?
– Correte a prenderla allora, prima che vada troppo lontano.

Niente scarpe, si gioca a piedi scalzi.
La gente che passa, dettagli.
Le squadre:
– Siamo noi contro di voi.
– Voi chi? Siete tanti!
– Ma cosa importa, butta la palla, giochiamo.

Fu una partita memorabile: 105 minuti di scontri, colpi di tacco e ginocchia sbucciate, sole che scotta, fiori recisi e biciclette cadute.
Alla fine nessuno si ricordava più il nome degli altri, né l’età o la provenienza.
– Ma eravamo insieme. E quel ghiacciolo, mangiato per mescolare vincitori e sconfitti, era il più buono del mondo.

Porto Recanati, Agosto 2020

Pazienza

Pazienza ha il volto di donna e la carnagione scura.
Cammina lungo un tappeto di sassi bollenti, spingendo le ruote di un carrello in cui ha tutto.
Borse, vestiti alla moda, fili colorati pronti per essere intrecciati tra i capelli di altri.
Nei suoi occhi, c’è l’Africa
Al di là del mare,
da qualche parte laggiù.
C’è una casa,
dove a quest’ora, di certo, qualcuno ha già raccolto l’acqua ed ha cominciato a cuocere il pane.
Non è lontana, dista solo poche onde ed una manciata di nuvole – ripete sempre tra sé.

Pazienza.

Sa che un giorno tornerà a navigare.
Ci sarà un bel vento
Che accompagnerà le barche dall’altra parte.
Scivoleranno veloci e non ci sarà tempo per avere sete, né fame.
Lì ritroverà quello che c’è sempre stato.
Giselle e Christopher, insieme alla caraffa piena d’acqua e al pane ancora caldo.
Non manca molto, Pazienza.

Porto Recanati, Agosto 2020

Estate 1947

Sei arrivato,
quando dal finestrino del treno inizia ad intravedersi la cupola del Duomo.
Si staglia su un Tavoliere di case e di campagne, abitate da ulivi centenari e circondate da muretti a secco, che ricordano ai visitatori l’anima agricola di questa gente.
 
Il paese non è cambiato molto dall’estate del ’47.
Certo, la vecchia camiceria ha chiuso e la stazione ha abbandonato il centro per spostarsi qualche chilometro più in là, ma i bambini giocano ancora a pallone nelle strade.
 
Si divertono, trasformando le saracinesche dei magazzini in bersagli ed i marciapiedi in occasioni per qualche sponda fortunosa.
Sognano l’esultanza sotto quella curva di balconi, applauditi dai vicini affacciati alle finestre.

I ragazzi, invece, continuano a ritrovarsi alla Villa comunale.
Passeggiano per i viottoli e tra quelle aiuole si innamorano, scambiandosi promesse proprio come accadeva 73 anni fa.

Lungo le vie si sente l’odore dell’origano e la voce delle botteghe.
I mercanti spingono i carretti e chiamano a raccolta i passanti.
Trasportano i frutti della terra ed enormi orci pieni di olive, pronte per essere vendute al mercato.
 
Grandi assi di legno vengono apparecchiate davanti alle case: ospitano i pomodori che lì, ben ordinati, aspettano di seccarsi al sole.
Le anziane siedono davanti alle porte, vestite di semplicità e bellezza, indossando il grembiule e uno scialle di maglina sulle spalle.
Osservano i passanti, aspettando d’incrociare un cenno di gentilezza o il viso di qualcuno che conoscono.

Qui la vita scorre scandita dal caldo.
Il fermento del mattino è interrotto dalla Controra, uno spazio nel tempo in cui il ritmo rallenta e le strade si svuotano. L’operosità lascia il posto al fresco del riposo.
 
Questo è quello che deve aver visto Paola, arrivando da Barletta nell’estate del ’47.
Non poteva sapere che quella sosta a Cerignola sarebbe diventata la sua destinazione. Non lo immaginava nemmeno Giuseppe che lì, senza saperlo, la stava già aspettando.
 
Torino, Agosto 2020

Chiamami

Chiamami padre, volto di fatica, mani ruvide riflesso di stanchezza.
Responsabilità nascoste dietro le lenti dei miei occhiali, preoccupazioni trasformate in sorrisi, sicurezza anche quando non c’è niente.
Non ho fame, non ho sete, non sono stanco e quella ferita non mi fa male affatto.

Chiamami madre, occhi di dolcezza, mani d’ingegno, abbraccio garantito.
Educatrice instancabile, equilibrio in una bilancia di quotidianità.
– “State vicini, ricordatevi la dignità, siate onesti prima di ogni altra cosa.”-

Chiamateci figli, rami di questo tronco.
Fili annodati che, come raggi, si allargano percorrendo sentieri e vie. Custodi di memorie e di valori.
Coraggiosi che osano, specchio di quelle cadute divenute lezioni ed incise, per sempre, sulle ginocchia e sui gomiti. Progetti, promesse, sogni realizzati e da realizzare.

Chiamami Terra.
Sono le tue origini e la tua casa.
Paese delle tue tradizioni, della tua identità. Proteggimi.
Lascia che chi arrivi dopo di te ritrovi la bellezza che hai conosciuto.

E poi chiamami Futuro.
Sono qui, ti aspetto.

Novalesa, Luglio 2020
(Appunti di viaggio. Treno Torino-Liguria, Ottobre 2017)

Il gigante Ciliegino

Ciliegino è nato a fine aprile in un isolotto delle Eolie, a largo di Milazzo, abitato solo da giganti.
Suo padre è un gigante, cosí come la madre. Lo sono i fratelli ed i cugini.
E perfino tutti i bambini che nascono giá grandi come le botti dei vignai.
Tutto è fatto su misura intorno a loro: il cratere del vulcano è una piscina, le chiome degli alberi sono morbidi cuscini e le colline dei comodi giacigli, su cui stendersi e sognare.
Ciliegino è curioso. Lo appassiona ogni cosa, specialmente ciò che sembra infinitamente piccolo. Conosce i nomi delle piante e l’alternarsi delle coltivazioni. Sa distinguere ogni specie di insetto, gli uccelli che volano nel cielo ed i pesci che popolano le acque tutto attorno.
Ogni volta che scopre una novità, la disegna: prende un lungo bastone e ne traccia i contorni nel mare.
Pare che quel gesto lo aiuti a fissare le forme e a dare un senso alle immagini.
Nessuno capisce perché lo faccia, né tantomeno questo suo strano modo di comunicare.
E come potrebbero? Loro non hanno mai sentito parlare dell’autismo.

Una mattina di luglio arrivò sull’isola una nave sconosciuta.
Era fatta di ramoscelli ed aveva delle foglie al posto delle vele.
Da quell’imbarcazione scese Fiordaliso.
Era piccola di statura, ma i modi gentili e la delicatezza dei suoi sguardi la facevano apparire più grande di tutti i giganti.
Ciliegino la incontrò sulla spiaggia: si conobbero e si capirono.
Quindi prese il suo bastone e corse a disegnarla.
Non nel mare, ma in un campo.
Nessuno sa come sia finita la storia del gigante e della sua Fiordaliso; si racconta peró che da quella traccia, nella terra, siano cresciuti tanti (piccoli) fiori.

Torino, Luglio 2020

Viaggio in Italia – Il Piemonte

Il viaggio inizia dove tutto è cominciato.
Da quelle montagne, protettrici di valli e dialetti, che si ergono tutt’attorno come gli ordini di un grande anfiteatro.
Sorvegliano la pianura e la riparano dal vento.
Poco piú in là c’è Torino, con i suoi mercati ed i viali, che in estate si trasformano in lunghe gallerie di un colore verde acceso.
Cittá mosaico di popoli e stili, in cui si incastonano antichi caffé e giardini.
Qui, i profumi della gastronomia e l’odore del cioccolato attraversano educatamente le strade:
un reticolo di geometrie squadrate,
esercizio di perfezione di chi, per realizzarle, è partito dagli assi.

La provincia intorno è abitata da eleganti residenze e monasteri fortificati.
Sono i testimoni di un tempo che ha visto, questa regione decentrata, al centro.

Proseguendo ad est si incontrano Asti ed il Monferrato,
ove le fragranze dei vini si mescolano ai versi dell’Alfieri:
studioso illuminato ed esploratore coraggioso, precursore di quel romanticismo che lo avrebbe reso immortale.
Poeta che, proprio in questa terra, ha cantato i suoi ideali.

A sud le Langhe, fino a Cuneo.
Adagiate tra dolci colline, che ondeggiano sospese nell’aria come lenzuola ricamate.
Le ho viste la prima volta in una domenica di passi,
accarezzate appena dall’autunno.
Erano ricoperte da un tappeto di foglie ingiallite, accompagnate per terra dalle correnti.
Raggi di sole si infilavano tra i filari delle vigne, fino a depositarsi sui grappoli d’uva matura
che aspettavano, pazienti, di essere raccolti.

A nord c’è Novara, album da disegno dei progetti di un architetto visionario,
che guardava sempre in alto e desiderava toccare il cielo. 
Non c’è niente che la separi da Vercelli se non una scacchiera di vasche, specchio di nuvole e culla di un chicco che germoglia nel silenzio: sono le risaie.
Ad ovest, Ivrea. Da metà gennaio, qui risuonano le note dei flauti e le grida di una battaglia combattuta a colpi di arance.
Memoria di un passato lontano che, oggi, viene ricordato nei colori del carnevale.

C’è ancora tanto da vedere, ma ogni cosa ha il suo tempo.
Adesso è venuto il momento di tornare.
L’ ultima tappa è Moncalieri, un borgo sentinella ai bordi di Torino.
Lì dove, un giorno d’estate, è iniziata la mia storia.

Torino, Giugno 2020

Trabucchi

Era la prima volta che Gianni attraversava quel mare.
Era la prima volta che guardava lo scafo della vecchia feluca infrangere le onde,

circondato da un blu a cui non c’era fine.
Sentiva il vento.
Arrivava difronte, ma lo avvolgeva anche dai lati, sembrava che giocasse.
Non scherzava invece Alfonso, un marinaio con la barba bianca che lui chiamava nonno.

Stava in piedi vicino al suo timone, alternando lunghi silenzi ad una manciata di frasi in dialetto: poche parole, solo punti di vista di chi, quel mare, lo conosceva davvero bene.

– Guarda laggiù, cosa vedi?

Gianni non riusciva a credere ai suoi occhi: dall’acqua erano usciti giganteschi ragni, con migliaia di zampe ed antenne. Erano immobili ancorati agli scogli, non facevano paura.

– Sono dei ragni o enormi millepiedi. Non riesco a capire Alfonso, forse sto sognando.

– Le cose, viste da lontano, cambiano forma. Se vuoi scoprirle, devi fare lo sforzo di avvicinarti – sussurrò.

E gli raccontò del Gargano e dei suoi trabucchi,

di quell’insieme di assi, travi, argani e poi reti,

giganti, nati dell’ingegno di antichi pescatori

e dalle leggende che li attribuiscono alle Ninfe ed ai Tritoni,

omaggio, si dice, al Signore di tutti i mari.

Gianni ascoltava e ciò che prima sembrava confuso ora appariva finalmente chiaro.

Aveva ragione quell’uomo con la barba bianca: bastava avvicinarsi.

Torino, Giugno 2020